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La raffineria di Priolo è un grosso problema per il governo Meloni

La raffineria di Priolo Gargallo è la più grande d’Italia, gestisce il 20 per cento della raffinazione nazionale e ha un problema: è controllata indirettamente da un’azienda russa, la Lukoil, in un periodo in cui le aziende russe hanno forti limitazioni nel mercato europeo a causa delle sanzioni decise dall’Unione europea dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Dopo aver quasi azzerato le importazioni di gas dalla Russia, l’Italia ha continuato a finanziare la guerra di Putin in Ucraina con le importazioni di petrolio. Le sanzioni dell’Unione Europea stanno per eliminare anche questa fonterussa di arricchimento, mettendo però a rischio lo stabilimento siciliano e i suoi lavoratori, con impatti a cascata di rilevanza nazionale vista l’importanza dell’impianto. Il nuovo governo Meloni ha due strade da percorrere per mettere a fine a questo paradosso. 

Perché è importante la raffineria di Petrolio

La raffineria di Priolo Gargallo è la più importante d’Italia. È gestita da Isab, azienda controllata al 100 per cento dall’azienda svizzera Litasco Sa, che a sua volta è di proprietà dell’azienda russa Lukoil, la più grande società petrolifera privata russa. La raffineria di Priolo è responsabile del 20 per cento del volume di raffinazione italiano con circa 10 milioni di tonnellate annue, che possono arrivare a un massimo di 14, e ha circa mille dipendenti. Indirettamente, l’azienda dà lavoro ad altre duemila persone circa che, se consideriamo tutta l’area industriale di Siracusa a cui l’azienda è connessa arrivano ad essere diecimila.

Secondo i dati finanziari dell’azienda, il volume finanziario generato in Sicilia è di circa 600 milioni di euro l’anno, mentre tutta l’area industriale vale il 51 per cento del Pil della provincia di Siracusa. È lampante che una potenziale chiusura dell’impianto avrebbe esiti disastrosi per l’economia siciliana, con effetti a cascata sul Sud Italia e gli approvvigionamenti di greggio in Italia.

La raffineria di Priolo Isab Lukoil vista dall’alto, all’interno del polo petrolchimico di Siracusa

Cosa è successo con il petrolio russo

La raffineria di Priolo ha sempre lavorato un mix di petrolio proveniente da varie parti del mondo, di cui per il 30-40 per cento dalla Russia. Da febbraio in poi, da quando l’invasione dell’Ucraina ha spinto l’Unione europea ad adottare delle sanzioni sull’economia russa, la situazione è cambiata: anche se all’inizio le sanzioni non riguardavano il settore energetico e Lukoil, le banche hanno tagliato ugualmente le linee di credito all’Isab per overcompliance, ossia per un eccesso di cautela ed evitare così ogni potenziale problema che potesse derivare dalla collaborazione con una società controllata dai russi.

Di conseguenza la raffineria ha dovuto fare affidamento esclusivamente sulle forniture di greggio della società madre, la Lukoil controllata dallo stato russo, provocando un aumento senza precedenti delle importazioni di petrolio dalla Russia in un periodo in cui si sarebbero dovute diminuire.

Priolo ha fatto raddoppiare le importazioni dalla Russia

I prodotti petroliferi sono gli unici combustibili fossili per cui la Russia non è il primo fornitore dell’Italia, che importa da cinque paesi i due terzi del suo fabbisogno nazionale di petrolio: Azerbaigian, Libia, Russia, Iraq e Arabia Saudita. Nel 2021 la Russia ha contribuito alle forniture italiane di petrolio per il 12 per cento.

Le importazioni di petrolio in Italia nel 2021 (Italy 4 Climate su dati Mite)

Le implicazioni non sono solo locali

Le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia inizieranno il 5 dicembre. Le conseguenze dirette per l’economia siciliana sono gigantesche: la raffineria di Priolo dà lavoro a circa 3 mila dipendenti, tra dipendenti diretti e indotto. Tuttavia, i lavoratori coinvolti da un potenziale stop potrebbero essere decisamente di più visto che la raffineria Isab Lukoil fa parte di un grosso polo industriale interconnesso che da solo vale l’8 per cento del Pil della Sicilia.

Ma le possibili ricadute superano il contesto regionale. La raffineria di Priolo garantisce il 20 per cento della raffinazione nazionale e il 18 per cento del fabbisogno elettrico della Sicilia. Se si fermasse mancherebbe il 40 per cento dei carburanti presenti in Sicilia e una quota considerevole anche nelle altre regioni, soprattutto al Sud. La conseguente riorganizzazione della logistica avrebbe un effetto a cascata su tutta la filiera nazionale, con un periodo di scarsità delle scorte con un conseguente aumento dei prezzi.

Tuttavia, le sorti della raffineria di Priolo si decideranno già prima del 5 dicembre. Il 7 novembre ci sarà l’ultima possibilità di ordinare petrolio russo prima dell’entrata in vigore dell’embargo sui prodotti energetici russi. Il 6 dicembre è una data convenzionale, perché per arrivare allo spegnimento degli impianti bisognerebbe cominciare molto prima.

Giorgio Petrolo

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