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Corsa per salvare la Lukoil di Priolo, Urso non esclude la nazionalizzazione della raffineria

Nessuna strada è esclusa per salvare la raffineria siracusana di Priolo Gargallo e le 10 mila persone che lavorano nel suo indotto. Nemmeno la nazionalizzazione o uno slittamento dell’embargo europeo sul petrolio russo. Il ministro per le Imprese e per il made in Italy, Adolfo Urso, è pronto a “perseguire tutte le strade che abbiamo davanti» per quello che definisce «un asset strategico per il nostro sistema produttivo“ al termine dell’incontro con l’azienda Isab-Lukoil e i sindacati, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani.

Nessuna strada è esclusa per salvare la raffineria siracusana di Priolo Gargallo e le 10 mila persone che lavorano nel suo indotto. Nemmeno la nazionalizzazione o uno slittamento dell’embargo europeo sul petrolio russo. Il ministro per le Imprese e per il made in Italy, Adolfo Urso, è pronto a “perseguire tutte le strade che abbiamo davanti» per quello che definisce «un asset strategico per il nostro sistema produttivo“ al termine dell’incontro con l’azienda Isab-Lukoil e i sindacati, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani.

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Intanto i lavoratori protestano, sfilando a migliaia nelle strade di Siracusa per il rilancio dell’area industriale, e anche a Roma, con un presidio sotto al ministero. In Sicilia, anche il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, marcia insieme ai sindacati con lo slogan “Industriamoci insieme per costruire il futuro” e dichiara: «È una mobilitazione che ha delle motivazioni importanti e profonde come mai nella storia industriale di questa nostra provincia».

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Mancano poco più di due settimane al 5 dicembre, quando scatterà l’embargo al petrolio di Mosca. Lo stabilimento del gruppo Isab, controllato dai russi di Lukoil, rischia di fermarsi visto che non può rifornirsi sui mercati internazionali a seguito del taglio delle linee di credito da parte delle banche per timore di sanzioni per la guerra in Ucraina. La raffineria non è tuttavia soggetta a misure restrittive da parte dell’Ue.
Per sbloccare i finanziamenti, Sace, la finanziaria controllata dal ministero dell’Economia, ha assicurato una garanzia al 70% ma non è bastato. Manca ancora l’ok delle banche che sono definite le «grandi assenti» al tavolo Isab-Lukoil dal governatore siciliano Schifani. Schifani descrive l’incontro come interlocutorio ma «molto molto molto importante» e si dice “rasserenato» dalle garanzie del governo, che sarebbe anche disponibile a riconoscere la zona come «area di crisi industriale».
Il tempo stringe. L’azienda avrebbe detto di poter lavorare fino a gennaio, tra ampliamento degli stoccaggi e anticipo delle manutenzioni, poi sarebbe costretta a fermare la produzione, secondo quanto riferiscono fonti sindacali. Urso promette entro metà dicembre un nuovo tavolo «con delle soluzioni che noi pensiamo di poter mettere in campo per quella data».
Il ministro prospetta quattro possibili strade: la prima è proseguire il confronto col sistema bancario «per capire se c’è bisogno di ulteriori straordinarie coperture assicurative da parte della Sace». La seconda strada, è quella europea, per una deroga anche temporanea all’embargo, concessa già in altri casi. La terza strada, «l’intervento diretto dello Stato come ha fatto un grande paese come Germania». La quarta e ultima strada, prevede l’uso del golden power per garantire i livelli occupazionali e produttivi e gli investimenti per l’ambiente, “ove ci fossero investitori che intendono rilevare l’impianto».
Almeno un potenziale acquirente c’era, secondo notizie di stampa, il gruppo di private equity statunitense Crossbridge Energy Partners, ma la trattativa sarebbe saltata all’inizio del mese con il rifiuto di Lukoil di vendere, secondo quanto ha scritto il Financial Times.
Ci sarebbero così quattro strade da percorrere, quindi, ma ancora zero certezze, secondo i sindacati. La Cgil, la Filctem e la Fiom, non vedono «nessuna garanzia concreta» per la continuità produttiva e chiedono tempi stringenti per la messa a norma del depuratore posto sotto sequestro dalla magistratura. La Uil e la Uiltec ricordano che la raffineria di Lukoil soddisfa il 25% del fabbisogno del Paese e definiscono “inquietante» l’atteggiamento delle banche. La Cisl e la Femca, infine, chiedono progetti di riconversione e riqualificazione del Polo industriale di Siracusa, a partire dallo sviluppo di un hub energetico per la produzione e distribuzione dell’idrogeno verde.

Giorgio Petrolo

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